
Basta sostanze chimiche pericolose nei vestiti. La campagna lanciata da Greenpeace contro Burberry per l’eliminazione dai suoi prodotti di sostanze come i flatati, PFCs e l’antimonio ha sortito i suoi effetti in sole due settimane. Il marchio britannico del lusso si è impegnato a non utilizzarle più nei propri vestiti e a ripulire i propri processi produttivi entro il 2020, pressato dalle richieste provenienti dai social media: oltre 10.000 tweet sono arrivati a @Burberry per chiedere di “fare la cosa giusta”, mentre su Facebook, la bacheca del brand è stata sommersa dalle richieste di impegno per un futuro senza sostanze chimiche pericolose. Contemporaneamente gli attivisti di Greenpeace si muovevano in sei nazioni, dalla Cina all’Olanda presidiando con presidi informativi i punti vendita di Burberry. L’operazione di Greenpeace si inserisce all’interno della campagna di sensibilizzazione “
Piccoli mostri nell’armadio” basata su uno studio che rivela come nei vestiti per bambini di molti marchi famosi si annidino sostanza pericolose. Hanno già aderito all’iniziativa, promettendo di rendere detox i propri vestiti e a ripulire i propri processi produttivi Nike, Adidas, Puma, H&M, M&S, C&A, Li-Ning, Zara, Mango, Esprit, Levi’s, Uniqlo, Benetton, Victoria’s Secret, G-Star Raw, Valentino, Coop, Canepa e da oggi anche Burberry.
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